Tappa doppia e contraria,
13 e 14 settembre 2025.
Tracce n° 6 e 5 da San Casciano Val di Pesa a San Michele de’ Monti.
a cura di Andrea Gigliotti
Riprendo una vecchia abitudine: raccontare una tappa della Cresta dopo averla vissuta, sudata e per fortuna, anche questa volta, goduta.
Per la precisone si tratta di due tappe, visto che stavolta abbiamo pensato di concentrarci su due giornate e un pernottamento, con tappe percorse però al rovescio rispetto alla versione ortodossa.
Vorrei spiegare perché raccontare, ma soprattutto perché percorrere una tappa al rovescio.
Raccontare direi perché è un bell’esercizio che serve a ricordare e condividere.
Fare le tappe al rovescio è invece una necessità. Premesso che abbiamo sempre preferito l’esperienza da sud in direzione nord, in coerenza coi pellegrinaggi micaelici più antichi (sebbene gli stessi pellegrini dovessero poi tornare sui propri passi) volevamo per prima cosa verificare l’impatto paesaggistico contrario.
Ma i motivi, diciamo pragmatici della scelta sono parecchi: monitorare il percorso, il fondo, le pendenze, i dislivelli; testare e verificare i punti ospitalità, trovarne di nuovi. Come dire, toccare con mano (forse il termine toscano azzeccato sarebbe pesticciare coi piedi) oltre vedere, assaggiare, ascoltare, annusare e soprattutto, cercare di capire cosa si prova in un verso piuttosto che nell’altro. Quindi come si usava dire un tempo, usando i cinque sensi più uno, il cervello.
E poi, senza nasconderlo, perché siamo in Italia e qui c’è sempre qualcuno che fa le cose alla rovescia. Se si fosse progettato un cammino in Svezia o in Danimarca, probabilmente sarebbe stato uno scrupolo. In Italia no! Allora meglio se si fa prima noi pionieri.
Visto che eravamo in ballo, abbiamo sfruttato la tecnologia a nostra disposizione per misurare distanze, verificare e correggere le tracce, posizionarvi punti, deviazioni, elementi di rilievo. Fotografare punti di interesse.
Una volta tanto la tecnologia schiava dell’intelligenza e non viceversa.
Bollettino meteo: bel sole sabato, caldo, a volte troppo per via dei tratti scoperti. Abbondante pioggia notturna, tempo incerto ma senza pioggia la domenica. Gli angeli hanno vigilato.
Il gruppo è composto da quasi tutti pretoriani (e del resto di tappa pionieristica si tratta) e cioè, gente di fiducia, di compagnia, di favella; con me ci sono Paolo, Simona, Nadia, Maurizio, Serena con due nuovi ingressi: Luca ed Emma. Luca ha percorso il tratto completo. Abbiamo addirittura due auto d’appoggio per eventuali servizi, perché sia Claudio che Renzo, avendo marcato visita ed essendo indisponibili a camminare, hanno dato disponibilità per questi.
Dal momento che erano due, hanno preferito usare un’auto sola e lavorare in coppia. Ogni tanto si perdevano fra i monti del Chianti, ma anche questo fa parte del viaggio ed è stato divertente. Nel racconto a seguire potrebbero essere anche chiamati “la strana coppia”.
Ma, per riepilogare cosa è successo dal 2020, da quando, cioè, abbiamo cominciato questa avventura, (sebbene qualcosa si fosse mosso già da prima) cosa dire, quali sono stati i cambiamenti sostanziali?
Si era principiato unendo Castelnuovo della Berardenga a Strada in Chianti sulla strada di Crinale. Poi abbiamo allungato mirando alle due città storicamente rivali, Siena e Firenze.
Pensavamo di passare dal territorio imprunetino, ma abbiamo incontrato difficoltà. Convinti del progetto abbiamo insistito fino a doversi arrendere e cercare un’alternativa. La sorpresa, la grande sorpresa, è stata che l’alternativa è forse più bella della idea di partenza. Ricca di spunti e realtà legate a San Michele, alla transumanza e agli altri capisaldi del progetto.
La sensazione è che per rinunciare alla “Direttissima” ci godiamo la “Panoramica”, come fanno gli estimatori sulla A1 tra Firenze e Bologna. Aggiungiamo una tappa forse due, ma tanta bellezza e tanta storia tra Firenze e Siena.
Altra sensazione, più suggestiva ancora, che in questa deviazione ci sia lo zampino di qualcosa di superiore, perché è vero che non arrendersi fa parte delle nostre caratteristiche, ma nel prendere questa decisione ho percepito un vero e proprio richiamo, come se fossi stato tirato per la manica.
Sei sicuro di volere andare controcorrente?
Ma adesso veniamo alle tappe, che sicuramente interessano più che le motivazioni e il lavoro di noi pionieri.
La partenza è a dir poco strepitosa perché a san Casciano cominciamo la nostra esperienza con la visita del Museo Ghelli alle ore 9.00- Qui approfitto per ringraziare l’amministrazione comunale per averci concesso l’entrata anticipata. Ma soprattutto ringrazio la dottoressa Emma Matteuzzi, che ci ha raccontato di storia e di arte, ponendo particolare attenzione su due opere pittoriche straordinarie, san Michele Arcangelo di Coppo di Marcovaldo e la Madonna con bambino di Ambrogio Lorenzetti entrambe provenienti dalla chiesa di Sant’Angelo a Vico l’Abate. Fondamentale per l’arte fiorentina la prima, 1255 circa e quella senese la seconda, 1319.
Emma è la straordinaria, giovanissima e appassionata custode dei segreti del capolavoro di Coppo su cui ha sostenuto la tesi di laurea. Non solo ci ha spiegato tutto in maniera esemplare, ma ci ha pure poi accompagnati a Vico. Niente di tutto questo era scontato. Quindi la ringrazio sentitamente.
Mi viene un pensiero: che queste due opere, sintesi pittoriche di due città in guerra, esposte dentro un museo, vicina una all’altra, a distanza di tanti secoli, siano la guarnitura perfetta sulla nostra torta, cioè capaci di raccordare le due meravigliose realtà!
Quindi, dopo la storia, ci prendiamo un bel caffè e cominciamo a camminare, anche perché di strada ne abbiamo da fare. Il tempo è bellissimo, semmai troppo caldo.
Usciamo da San Casciano e percorse poche centinaia di metri sulle vie cittadine, entriamo nella natura e nei vigneti della fattoria le Corti e, percorrendo il tracciato della via Romea, scendiamo a valle, tra filari spogli per la vendemmia e altri ancora carichi di uva da raccogliere.
A fondo valle costeggiamo il torrente Terzona, che scorre accanto a una parete di ciottoli alta diverse decine di metri, che rappresenta un vero spettacolo naturalistico e geologico. Adesso però comincia la salita, e subito ripida per superare i Greppi di Silli, dove poi la strada spiana, sterrata, ampia e carrabile che percorriamo indisturbati, tra oliveti, vigneti e case coloniche più o meno
vissute. La prima destinazione dove faremo tappa per recuperare energia e liquidi è la Pieve di Santo Stefano a Campoli, in questo momento circondata da impalcature e ponteggi per lavori, quindi invisibile. Fino a qui abbiamo percorso parte del Cammino di San Giovanni Gualberto. Da ora in poi procediamo verso San Fabiano e quindi verso Sant’Angelo Vico l’abate superando massicce costruzioni medievali che sono state restaurate meravigliosamente.
Passiamo case silenziose, giardini di campagna invidiabili, olivete e boschi di querce, a un certo punto sulla nostra destra rimane il cadente, ma affascinante, vecchio cimitero della chiesa di Sant’Angiolo, segno che l’obiettivo, sta per essere raggiunto.
Infatti, mentre scendiamo sulla strada bianca, quello che finora era un edificio lontano, lontano, appena abbozzato nel verde, si staglia davanti a noi, dietro un vecchio cancello, dietro un originalissimo viale di olivi, con alcuni cipressi che coprono la facciata della chiesa. Ci viene incontro un uomo a braccia aperte che ci accoglie: è Serafino dell’Associazione Sant’Angelo APS!
Questi, infatti, dopo la visita al museo, ci ha preceduti sul posto per riceverci e aggiungere al nostro pranzo a sacco, una squisita schiacciata con uva, vin santo e caffè! Dopo la giusta ricreazione, Emma ci racconta ancora cose interessantissime sulla storia della chiesa e contestualizza gli spazi che ospitarono il dossale di Coppo, seppure descrivendo qualcosa che non esiste più ed è stato trasformato nei secoli a venire.
Dopo di che, raggiunta dal marito, ci saluta, mentre noi ci si prepara per il secondo tratto di strada, quello che ci separa dalla meta passando per strade di campagna, fattorie, cantine e vigneti, Nozzole su tutte. Siamo entrati nel territorio comunale di Greve in Chianti.
Chiocchio è su, su in alto, ma la buona compagnia e la bellezza di questa luce pomeridiana, non ci fanno sentire la fatica. Arrivati a Chiocchio ci spostiamo con le auto strategiche presso la vicina Pieve di San Donato a Mugnana, dove ci attende il simpatico Don Antonio, che ci incanta col suo intercalare sudamericano e con le sue chicche! Ci chiede del cammino, ci offre un bicchierino, ci descrive la galleria di quadri antichi che ci circonda. Esperienza davvero notevole.
Siamo proprio fortunati a ricevere questa ospitalità, ammirare il panorama che ci circonda insieme al silenzio di questo ameno luogo di preghiera. Gli scorci sul castello omonimo sono mozzafiato.
Poi dopo una doccia rigenerante, andiamo a cena alla Locanda del Gallo di Chiocchio. Qui ci attende l’amico Francesco con tutte le sue specialità e segnatamente una zuppa di cipolle magnifica, appositamente cucinata con metodo francese per la nostra avventura micaelica.
Intano fuori piove.
Ci beviamo su, mentre piove abbondantemente sui monti del Chianti.
All’alba, affacciato a una finestra che guarda verso il Castello di Mugnana, penso che tutto questo non abbia un prezzo, come diceva una pubblicità, perché da ogni lato ci si affacci da questo luogo riceviamo
solo pace e bellezza. Spero che in futuro altri pellegrini possano provare questi benefici. Il cielo si è aperto e credo abbia smesso di piovere già da un po’!
Ho trovato l’icona dell’arcangelo Michele in canonica, dove ricordavo di averla vista. Cambio la foto sul gruppo WA mentre quello vero, intanto, comincia a radunarsi. Oggi siamo solo in sei. Salutiamo il nostro ospite, che ci offre un caffè e anche qualche gattino che furbescamente si intrufola dalla finestra; quindi, torniamo a Chiocchio dove lasciamo di nuovo l’automobile e facciamo colazione al bar.
Da qui finalmente si riparte, ma l’umidità che esplode al sole, assieme alla salita ripida, ci mette a dura prova. Se non bastasse, subiamo l’assalto dei tafani, che ieri non abbiamo mai visto, i quali approfittano della nostra fatica. Ritroviamo località Fonzacchino, entriamo nel bosco e da qui sempre su, calcando un sentiero eroso dall’acqua e dall’incuria, retaggio della vecchia strada militare della Repubblica fiorentina, di cui emergono alcuni iceberg ben conservati. Quando si arriva più in alto, forse per il flebile vento, i tafani diminuiscono.
Riconosco altri tratti della vecchia strada, che Paolo meticolosamente fotografa, insieme ad ogni bivio che necessiterà di segnalazione per i viandanti. Per arrivare a Monte Martiri, l’antico oratorio di San Giusto, non c’è altra scelta che fare una bretella, avanti e indietro.
I ruderi stanno lì, silenziosi, impervi, sulla prima delle cime dei Monti del Chianti (quota 642), sempre affascinanti. Facciamo un breve sosta. Poi superiamo monte Collegalle (quota 670) e poggio di Rugliana (quota 701), dopo si prende a scendere verso il valico del Sugame, sempre rimanendo sui bordi e anche ricalcando la vecchia via; In alcuni punti è miracolosamente ben conservata.
La strada è bella e comoda, tutta nel bosco. Quercia per lo più, roverella misto a scopa alternata a castagneti e ci sono anche alti pini, in alcuni tratti. Io guardo al cielo, ringraziando per aver fatto sparire i tafani, altri compagni di viaggio, con lo sguardo più basso del mio, trovano invece bei funghi: ovoli, galletti e porcini. Non mi fanno invidia, dico a me stesso che non sono qui per questo; ma a chi voglio darla a bere, certo, mi fanno invidia eccome, ma me ne faccio una ragione!
Loro sono felici e anche io per loro. Ma io non trovo nemmeno un fungo!
Per la pausa con pranzo a sacco, approfittiamo dei tavoli che stanno fuori al ristorante Borgo Antico, ad oggi non operativo. Le panche sono umide ma comunque una vera comodità per noi pellegrini.
Ripartire da qui fa fatica, forse sono le gambe di ieri che si fanno sentire, ma una volta in moto, andiamo bene, senza problemi. Forse è più l’idea visto il dislivello da superare.
Facciamo un’altra bretella d’obbligo per salire alla croce di Monte Domini, ma qui l’abbandono è guastato ancor più dall’opera dei vandali e invece di affascinare per me è come un pugno nello stomaco.
Approfitto anzi, per mettere una foto di come era negli anni ’80; mi sembra rispettoso per i miei compagni di viaggio che non hanno avuto la fortuna di vederlo così.
Arrivare a San Michele, ognuno del suo passo, è rimasto l’unico obiettivo. Sappiamo che non sarà possibile visitare la chiesa ma la merenda che ci ha promesso Alice, basta per far girare le gambe.
Ritroviamo questo posto meraviglioso, in un pomeriggio altrettanto bello. Ritroviamo la Strana Coppia, le nostre staffette Renzo e Claudio e anche Sonia con gran piacere e un pizzico di sorpresa.
I miei bagagli misteriosamente spariranno: verranno ritrovati a tarda sera! Non c’è bisogno di aprire un contenzioso con … la compagnia di bandiera!
Per concludere, come dissi tempo fa, allenatevi bene perché non è una passeggiata.
Ma è bella anche al contrario.




